COSA POSSIAMO IMPARARE DALLA STORIA DELL’UOMO SOTTO LE 2 ORE NELLA MARATONA
L’uomo scende sotto le due ore nella distanza della Maratona
L’uomo è sceso sotto le due ore (e lo avevo previsto 2 anni fa leggi qui ) nella distanza della Maratona. Sì non nella Maratona o in una Maratona, che sono gare ufficiali, ma nella distanza equivalente ad una Maratona, 42,195 km. Non voglio nemmeno entrare nella polemica del record artefatto, toglie valore a quella che è un’impresa senza precedenti.
La polemica non dovrebbe nemmeno esistere, dato che è stato fatto tutto alla luce del sole, non ci sono “aiutini nascosti”, nessuno è stato preso in giro, le regole del gioco erano chiare.
Si è costruita una situazione perfetta dove un uomo, Elioud Kipchoge, che nella Maratona non doveva dimostrare più nulla, insieme ad un team e ovviamente a degli sponsor (ma dove si vuole andare senza?) si è preparato e ha sfidato se stesso ed un limite, a detta di molti, insuperabile. Un uomo che aveva già il record della Maratona (2h1’39”), campione olimpico e che ha vinto 11 maratone di 12 a cui ha preso parte.
Poco importa che quando Elioud ha scaricato i dati su Strava avrà letto 42,195 esatti e non 43 come capita a noi runner amatoriali. Quello che conta è quello che ha fatto e da questo, a mio parere, si può imparare molto. Prima di andare avanti una nota: ultimamente se ad un’attività, ad una passione è legato anche il business si è portati a criticarlo. Come se il lavoro debba essere legato solo a produzione di beni materiali o mestieri classici. Il fatto che ci siano interessi di denaro non toglie valore alle passioni, il fatto che qualcuno lavori con una passione non è una cosa sbagliata, l’importante è farlo bene e onestamente. Sembra quasi che oggi ci si debba vergognare di lavorare, quando una volta il lavoro era ciò che nobilitava le persone. Bisogna sempre avere rispetto di chi si impegna e lo fa onestamente.
Cosa potremmo imparare dall’impresa di Elioud Kipchoge
Gli aspetti da cui si può prendere spunto sono molte e toccano sia l’aspetto tecnico, che quello mentale e quello morale. Tanti aspetti che possiamo fare nostri nella corsa e nella vita di tutti i giorni
La passione nel raggiungere un obiettivo resta sempre ai primi posti
Come anticipato prima Elioud Kipchoge è un uomo che si potrebbe definire arrivato. Non aveva bisogno di soldi e comunque poteva continuare a fare le sue due maratone l’anno, probabilmente vincerle e continuare a guadagnare. Non doveva dimostrare più nulla e non poteva certo dire, dopo investimenti e un così grande impegno mediatico creato da #INEOS159, “vado e ci provo”. Credo che il primo motore di tutto ciò sia l’amore e la passione per il suo sport, la corsa, e il suo ultimo km e i festeggiamenti lo hanno dimostrato. Certo ha guadagnato 2 milioni, ma questo toglie valore o passione ha ciò che ha fatto? Non credo.
Per fare quello che ha fatto ha dovuto allenarsi duramente, curare ogni dettaglio e senza passione e amore per quello che si fa non credo ci sarebbe riuscito. Quando ci troviamo nella situazione di non avere più passione per ciò che facciamo dovremo sempre trovare una sfida, qualcosa che ci motivi, che ci faccia tornare in sella.
Se ci siamo evoluti è per la voglia di superare i limiti
Se l’essere umano, con tutti i suoi difetti, si è evoluto non è per l’istinto di sopravvivenza, ma per la sua voglia di mettere un piede sempre più in là rispetto al limite raggiunto. Grazie a questo abbiamo sconfitto malattie, fatto grandi scoperte e migliorato le condizioni umane e grazie a chi ha avuto il coraggio di portarsi avanti abbiamo superato il limite. A volte si ci siamo anche autodistrutti grazie alle scoperte, ma anche questo è legato al fatto che ci siamo ancora (poi forse non riusciamo a superare il limite di diventare più ecologici, questo è si un grosso limite pericoloso). Newton diceva “Se ho visto lontano è perchè stavo sulle spalle dei Giganti”, Kipchoge dovrebbe ringraziare tutti quelli che hanno avvicinato, prima di lui, il record della Maratona alle 2 ore e noi dovremo ringraziare lui e loro perché già da oggi messe le scarpette abbiamo pensato più positivamente ai nostri PB da superare.
Senza il lavoro e il metodo non si fa nulla
Ammetto che ho un po’ di bolle quando ascolto di approcci causali, raccontati con presunzione, alla preparazione di una sfida come la maratona. Non parlo di chi ci prova, parlo di chi dice che non è così utile tanto lavoro e applicare un metodo. Ovviamente non è paragonabile alle preparazioni amatoriali tutto quello che è stato fatto per raggiungere l’obiettivo di correre sotto le due ore 42,195 km, ma dai modelli migliori si possono declinare alcune cose replicabili nei modelli più semplici che possiamo seguire noi runner amatoriali. Senza dubbio se le cose si fanno strutturate vengono meglio e se non vengono non è detto che sia colpa della progettazione o probabilmente è colpa della progettazione sbagliata, non del fatto che si sia seguito uno schema. Se ho uno schema posso correggerlo, adattarlo, rivederlo. Se non ho niente, non posso fare niente, sono perso.
Il lavoro di squadra è importante anche nella corsa
La corsa non è un sport propriamente di squadra (ma sicuramente lo è di gruppo), ma è possibile lavorare con una squadra. Certo c’è un momento in cui sei solo con le tue gambe, ma se si può fare squadra, sia dalla preparazione che durante la gara, le cose andranno meglio di sicuro. A volte la squadra è solo quella runner e coach, altre si aggiungono gli amici di corsa. Insomma insieme è meglio.
Condotta di gara
Conoscere il proprio obiettivo e i propri ritmi. Riconoscere il proprio ritmo senza guardare l’orologio se non al passaggio del km. Mantenere un ritmo costante. Correre rilassati. Sono i consigli che ho scritto più volte (tanti altri lo dicono e scrivono non sono certo l’unico) che potete leggere qui nei consigli per il giorno della gara e che non credo abbia letto Elioud, che li ha fatti suoi 20 anni fa, ma che valgono per qualsiasi andatura e qualsiasi gare e che sabato 12 ottobre 2019 a Vienna abbiamo visto quanto siano veri. Imparare a correre costanti e saper riconoscere un ritmo è uno degli obiettivi che la preparazione ci deve aiutare a raggiungere, rende la corsa più economica e aiuta a risparmiare energie. L’aspetto rilassato degli ultimi km di Kipchoge è stato disarmante, questo dimostra come la preparazione gli abbia dato serenità, ma anche di come una corsa rilassata non gli abbia dato problemi, un vero circolo virtuoso.
La tecnica di corsa non è secondaria
Abbandoniamo le storie gli atleti keniani, somali ecc… corrono bene perché lo fanno di natura e perché da bambini andavano a scuola di corsa. Io sono andato per anni a scuola in bicicletta, ma non ho vinto il Tour de France . Questi runner curano sempre la tecnica di corsa, che è una cosa a cui noi runner amatoriali, mediamente, diamo poca importanza, con la scusa del “non ho tempo”, oppure “non c’è niente da fare, non posso migliorarla”. Non esiste sport dove non si curi, anche a livello amatoriale, la tecnica, almeno un minimo, se non la corsa (e forse il ciclismo per certi versi). Eppure curando tecnica e postura di corsa, la velocità, l’efficienza e l’economia di corsa possono migliorare molto di più che con infinite sedute di ripetute, dove in realtà l’una non esclude le altre e insieme possono dare risultati insperati.
Che quando qualcuno rende una cosa impossibile reale, c’è sempre qualcuno a cui sembra troppo facile
Sì alla fine un po’ alla polemica ci arrivo. Non so cosa sia che muova lo stomaco di alcune persone a dire “sì però”, un sistema che porta sempre a sminuire un risultato, a mettere i paletti, come se questa cosa alzasse il livello di chi critica, un’insopportabile tentativo di stare al centro dell’attenzione facendo il bastian contrario, un insano comportamento velenoso, che poi forse avvelena più chi lo ha rispetto a chi lo subisce (detto che credo che a Kipchoge interessi poco). Siamo nell’era in cui siamo tutti giudici di Masterchef, in cui ci sentiamo in dovere di dire la nostra, senza nemmeno approfondire troppo, senza farsi venire il dubbio che magari si stia dicendo una cosa non completamente (o peggio per niente) fondata. Posso dire la mia quindi la dico. Come i tanti commenti o dubbi retorici sul record ottenuto a Chicago dalla keniota Brigid Kosgei che instillano il dubbio del doping. Ammetto che le delusioni di atleti dopati siano state tante, ma prima di scrivere “secondo me è dopata/o” pensateci bene, al di là che potrebbe essere un reato anche solo scriverlo, ma come si fa a scrivere qualcosa del genere ? Ma la storia dell’atleta la conoscete? I tempi che ha fatto prima? Quanto si allena. Inoltre le accuse, per farle, devono essere provate. Fine. Senza se e senza ma. Ecco quello che si può imparare in questo caso sono due cose: avere rispetto e seguire quello che diceva Lupo Alberto in un poster che avevo da ragazzo in camera “prima di parlare attacca la spina e conta fino a 10”.
Simone
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Simone Cellini
Creatore di Runner 451, allenatore running, laureato in Scienze motorie, laureato magistrale in scienze politiche – sociologia, Master EMBA, preparatore atletico
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